Parlare di salute mentale mette sempre davanti a una strada che congiunge la cosiddetta “normalità” e la cosìdetta “patologia” passando per il cosiddetto “disagio”, “sofferenza” o “disforia”. In ogni caso, queste demarcazioni tra una cosa e l’altra non sono mai così nette e per quanto abbiamo bisogno di incasellare sempre ciò che non conosciamo in categorie precise, alla fine la richiesta di tutti noi umani è sempre e solo una… “SALVEZZA”. È Questa la parola che ha fatto convergere tre strade maestre nel campo della salute mentale durante un ricco incontro di menti che ha dato parole al presidente della società psicoanalitica italiana Saranitis Thanopulus, al verissimo scrittore Daniele Mencarelli e allo psichiatra Massimo Ammaniti. In uno l’acuto pensiero razionale, in un altro la pronta intuizione e nell’altro la delicata sensazione hanno messo in luce nelle loro personalità lo stesso grande tema della salvezza a servizio del sentimento inteso come impegno comune per la cura dell’individualità degli uomini, in qualunque punto si trovino nella loro strada tra patologia, sofferenza e normalità. Salvezza vuol dire guardarsi e guardare ciò che siamo, come cambiamo, come funzioniamo, come convivono in noi sempre lati opposti di una stessa medaglia che sono luminosi e anche oscuri. Salvezza vuol dire guardarci in tutte le nostre parti, integrarci, come dice Daniele Mencarelli “farci un carezza ogni tanto”, come ha fatto il dottor Ammaniti con i suoi pazienti psichiatrici “portarci al mare, a Passoscuro” dove possiamo essere semplicemente noi stessi.
Questo incontro promuove una strada maestra verso la salute mentale fatta di salvezza, data dall’autenticità, dall’integrazione di competenze professionali che aiutano a promuovere l’integrazione di un sé spesso fragile e ignaro dei propri vissuti che rimangono confusi e sembrano strani, patologici, a volte lo sono anche, ma comunque sono nostri, veri e già solo poterli vedere è una salvezza.
Terapeuta quanto paziente, figura operante nel servizio sanitario quanto paziente, nessuno è esente dalla strada della sofferenza o dell’inconsapevolezza, nessuno è esente da vissuti emotivi come la rabbia o il dolore, ma tutti possiamo camminare sul sentiero della “vita così com’è” guardando l’altro come parte di noi.
Le figure che si occupano di salute mentale non devono guardare i pazienti con distacco, ma vederli come parti di loro, riconoscersi in loro, immergersi nella relazione con loro (motivo per cui la psicanalisi, come sostiene Thanopulus é già nelle strutture pubbliche ove viene adottato questo approccio).
È proprio sulla strada che si gioca la partita della cura, sta ai maestri rendere questa strada MESTRA… e ognuno può essere maestro.
Chiara Scopelliti